Poi va’ a parlare di quote rosa…

Questo post trasuderà forse maschilismo, ma in realtà nasce da una grossa delusione, maturata proprio in uno dei settori più cruciali della nostra società, e dato per di più in affidamento quasi totale al cosiddetto “genio” femminile.
Parlo della scuola, di quella che adesso si chiama primaria e che ai miei tempi era elementare. E non per invocare una sua destrutturazione tipo-Moratti (o Berlinguer, che poi è la stessa cosa), magari a favore delle private. Io quelle non le conosco, ne frequentai una oltre 20 anni fa, e le cose sono cambiate, quindi non ho voce in capitolo, anzi, diciamo che aderisco quasi ideologicamente a chi si oppone allo sfacelo introdotto da questo governo. E non voglio parlare di programmi, curricula, organizzazione, valutazione, portfolio, risorse. No.
Io voglio parlare di come la scuola sia incentrata sulle voglie, sui problemi e sui capricci – spesso mascherati da diritti – delle insegnanti, invece che sui bisogni dei bambini. Sarà un caso personale, quasi limite, ma qui ho sperimentato tutta l’incapacità delle donne di gestire una struttura, o almeno questa struttura. E’ una delusione, che vorrei venisse confutata, ma non in termini generalistici tipo “non sai quanto noi donne dobbiamo combattere con la società”, “ci sono realtà diverse, dove le donne combattono”, “la scuola non è tutta così”, oppure un laconico “c’è di peggio”.
No, non lo accetto, perché tutto questo mina la crescita dei bambini e in definitiva il nostro futuro.

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