Gianfelice Facchetti ha letto questo brano durante i funerali di papŕ, tratto da Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Lo si trova anche nel sito dell’Inter:
“Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato, in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderŕ l’albero, o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo lŕ. Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciň che era prima in qualcos’altro che porti poi la nostra impronta. La differenza tra l’uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere, sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, sul quel prato; ma il vero giardiniere vi resterŕ per tutta una vita”.
Chissŕ che qualcosa cosě resti anche di noi (il piů tardi possibile eh?…).