Ieri sera-notte sono stato a un addio al celibato. Lo so, non è il caso, ma a sposarsi è un buon amico che non vedevo da tempo, che ha condiviso parte della mia formazione, che ha avuto grane con la giustizia senza averne colpa, che a 40 anni pare aver trovato la donna giusta… insomma, non potevo dirgli di no.
Così ho potuto vedere l’ultima evoluzione dell’industria dell’ evasione nel ricco e disperato Nordest, dove i soldi sono tanti, non altrettanto cultura e dignità.
Partiamo dal centro di Mestre, da un bar che serve lo spritz all’ingrosso. Sa di stantio, ormai. Non il bicchiere che mi servono, per carità, ma questa moda dell’Happy Hour, che per molti è l’unica cosa di inglese che sanno.
Partiamo verso la “Marca gioiosa”, dove è il luogo della cena. Un ristorante-pizzeria alla periferia trevigiana, con ampio parcheggio dove le auto grosse non mancano. Davanti, un posto è riservato alla forze dell’ordine: immagino i fine settimana con gente strafatta che vomita o viene raccolta con il cucchiaino o trascinata seminferma al commissariato…
Non male la scenografia del locale, ben strutturato, quasi fosse un villaggio con una piazza al centro, immagino (e ne verificherò la follia più avanti) un luogo per ballare. Ah bene, io che sto sempre a fare il palo. Ma il bello viene quando scopro che la dicitura parla di ristorante specializzato in addii al celibato/nubilato. Che target!
Entriamo nella sala dove c’è il tavolo, e ci sono due contemporanei addii al nubilato, e un profluvio di oggettistica a mo’ di membro sessuale, che le commensali agitano tra gridolini di allegria mortale.
Accenno solo al cibo, scadente e costoso, con una ragazza che prende le ordinazioni con tanto di palmare e auricolare, ma che pronuncia PAELLA così come si scrive, e che alla fine ci proporrà il “Limoncino”, tanto per dire il livello del “maitre”…
La piazza centrale è ornata di consolle con un tipo che funge da “animatore”, il quale avrebbe lo scopo di farci socializzare tra noi e tra i tavoli. Con battute di cui si perde il conto dei doppisensi, invita alla fraternità tra gli addii. Lo sventurato (prossimo sposo) rispose, e così si sprecano le foto e i baci a ogni piè sospinto. a un certo punto, la cronaca registra l’allontanamento di un amico del futuro sposo con un’amica della futura sposa. La leggenda vuole che i due abbiano scambiato umori e liquidi corporei nel parcheggio di cui sopra, pare che così vogliano certe tradizioni del Veneto locomotiva d’Italia. Evidentemente, c’è il culto dello stantuffo…
Ormai il cibo è un evento collaterale all’Evento che, ormai, è improntato alla contaminazione delle feste. Guardi una delle due quasi ex nubili: un po’ grassoccia con un vestitino da infermiera e un velo in testa. A un certo punto le infilano alle spalle uno zaino con la dichiarazione che ha 31anni e un figlio, e ti viene un moto di pena e tristezza: chissà che lavoro fa, magari è una cassiera in un centro commerciale o segretaria di un commercialista, è rimasta incita da giovane, e adesso cerca di metter su famiglia col suo ragazzo.
Dopo i tentativi patetici dell’animatore di organizzare giochi che si facevano ai campi scout 20 anni fa, si mette la musica, e la ragazza si mette a cantare con impegno e con un accenno di pronuncia impostata, ma quel che le esce è “Ruespiruiamo l’aruia e viviuamo aspettanduo primavueeera, nannainaaaa…”. La pena è infinita: forse ha tentato una carriera da cantante, ma si è ridotta a esibirsi in balere o paninoteche, e di giorno sta alla cassa o alla scrivania; stasera ha cinque minuti di notorietà, e fa quasi tenerezza. Le ragazze sguaiano canzoni sdolcinate, tipo “Vivo per leeeeeiiii”, o vecchie robacce da Ricchi e Poveri.
S’è fatto tardi, 26 euro a testa e a riprendere la macchina in parcheggio, ripercorrendo a ritroso quella Pontebbana dove ogni fine settimana qualche ragazzo o ragazza ciucca di droga o di alcol si fracassa contro un platano, nonostante i colpi propagandistici dei politicanti locali.
Vabbè, non ho più l’età, ho fatto anch’io il mio addio al celibato 11 anni fa, con tanto di volgarità. E poi, anche se ha 40 anni, in fondo il mio amico si sposa, e un “addio” non lo si nega a nessuno. Ma 11 anni fa eravamo noi ad organizzarci il “casino”, da soli, scegliendo posti fuori mano, senza che ci fossero intrusioni esterne.
Vabbè, sono vecchio e non sono più fatto per queste cose. Ma un “locale specializzato”, dove è obbligatorio divertirsi, obliando una vita di cacca, lascia in bocca tristezza e un senso di squallore.
Tipicamente nordestini.
Ritratto poderoso e – purtroppo – del tutto veritiero. Oramai siamo arrivati al “diverti!” imposto dagli altri… per fortuna frequento gente che gli addii ai celibati e certi locali li rifugge come la peste.