“Ma si deve rilevare, purtroppo, una sempre maggiore marginalizzazione di un’autentica azione politica. Il progressivo sviluppo della socialità e il tumultuoso svilupparsi delle soggettività nel campo privato e pubblico hanno portato a coltivare più l’interesse immediato dei particolarismi che il bene comune, con una conseguente gestione riduttiva della politica. Anziché un inserimento vivo e costruttivo delle formazioni sociali intermedie nel complessivo contesto della vita pubblica organizzata si è progressivamente realizzata una privatizzazione del pubblico. Così, di fronte ad una società proliferante, lo Stato è divenuto sempre più debole: affiora l’immagine di un insorgente neo-feudalesimo, in cui corporazioni e lobbies manovrano la vita pubblica, influenzano il contenuto stesso delle leggi, decise a ritagliare per il proprio tornaconto un sempre maggiore spazio di privilegio”.
Il cristiano non può accontentarsi di enunciare l’ideale e di affermare i principi generali. Deve entrare nella storia e affrontarla nella sua complessità, promuovendo tutte le realizzazioni possibili dei valori evangelici e umani della libertà e della giustizia. In questo la Chiesa e i cristiani si fanno “compagni di strada” con quanti cercano di realizzare il bene possibile.
In particolare il cristiano laico è chiamato, sotto la propria responsabilità, non solo a inserire le sue esigenze etiche nella storia, ma anche a far fiorire la città dell’uomo attraverso la sua professionalità, la sua testimonianza e l’impegno alla partecipazione, come pure attraverso una legislazione adeguata e una conseguente fedeltà ad essa.
CEI, Nota pastorale Educare alla legalità.
1991