Buon Pastore

E’ difficile per me non farmi prendere dall’emozione a scrivere e ripensare al patriarca Marco Cè, che ci ha lasciato lunedì 12 maggio.
Difficile perché è stata una di quelle figure imprescindibili per la mia generazione – e per quella di altri che hanno avuto la grazia di vivere negli anni del suo mandato a Venezia – per stile, parole, valori.
Un uomo schivo, defilato, timido. Gli avrò parlato sì e no una decina di volte in tutto, e sempre brevi scambi – una volta mi chiese di un viaggio in Irlanda… – magari con qualche battuta scherzosa, quando don Valerio si intrometteva, per “salvarlo” dall’assalto dei giovani che venivano a sentirlo. Lui aveva già parlato a ognuno di noi, anche quando parlava in pubblico a centinaia di persone. Si sentiva – o almeno io sentivo – che ti interpellava personalmente. E non con toni particolarmente enfatici o trascinanti, da predicatore o da figura ieratica. No, lui declinava con semplici parole la Parola, che per lui è stata tutto. Aveva una grandissima cultura biblica e pastorale, e ti stava ad ascoltare, ma non si rifeirva mai a se stesso; piuttosto, faceva entrare nel tuo cuore e nella tua coscienza la dolcezza e la semplicità di Dio.

Per me adolescente degli anni ’80 fu folgorante l’appuntamento della Festa dei Giovani a Udine. Chi dei miei coetanei non ha sempre in mente l’Alleluja canto per Cristo, il Laudato sì, Signore mio? Eppure, al di là del clima di festa, Marco Cè ci voleva consegnare il nuovo Catechismo dei giovani, e la Parola di Dio.

Formazione e Parola. Questo insegnò alla sua Chiesa di Venezia. Non si contano le iniziative che, con molta discrezione, suggerì e sostenne: la scuola biblica, la scuola di teologia per laici, la scuola di formazione politica…
Sostenne e promosse, sempre con discrezione, l’Azione Cattolica. In un periodo che viveva tensioni “attiviste” e “presenzialiste” per i cristiani nella società. Di fronte alle “vittorie” effimere puntava al convincimento profondo, a lungo termine. Altri studieranno la sua opera anche nella società veneziana di quel tempo, uscita dal terrorismo e dalle tensioni degli anni ’70.

Ma non si può racchiudere l’avventura di un cristiano e di un vescovo come Marco Cè in realizzazioni o teorie. La generazione di noi che lo ha avuto come Pastore sa che a farcelo amare sono stati il suo stile, la sua preghiera, il suo indicarci sempre la Croce, la Bibbia, l’Eucaristia. Come fare questo? Come realizzare quello? “Guardate al Signore”, è sempre stata la sua risposta, così come lui ha sempre fatto, fino alla fine.

Poi ci sono i piccoli pensieri e le piccole attenzioni per tutti. Anche per me, che le custodisco gelosamente.
Dio ti accolga, e prega per noi, Patriarca Marco.

Quanto m’è costato “perdere” il portafogli

Forse utile a quelli dell’Opendata, tanto per fare il punto della burocrazia da digitalizzare.
Premesso che non so se l’ho perso o me l’hanno rubato, ai primi di ottobre, questo il riassunto delle trafile e dei costi per rifare i documenti, che, com’è noto, sono la conseguenza più scocciante per noi derubati fessacchiotti.

– Denuncia di smarrimento alle forze dell’ordine;

– Contestuale richiesta di duplicato della patente: gratis, ma servono le foto tessera, 3,00 euro alla macchinetta. Arriva a casa;

– Nuova carta d’identità (fototessera già pagate): 5,42 euro all’anagrafe;

– imob, ossia biglietto elettronico per il trasporto pubblico veneziano (“amatissimo” dagli Opendata): 10,00 euro (non servono fototessera);

– Tessera Car sharing che io, da buon cittadino ecologista ho dal 2003: 20,00 euro fatturati, ma la card non arriva. Cerco il numero dell’Azienda Veneziana della Mobilità, ma non mi risponde. Grazie ai miei buoni uffici scopro che è cambiato (ma sul sito non c’è: è lo 041.2727303 ++UPDATE 8/1/2013: il numero è stato corretto sul sito+++), e mi spiegano che devo andare a prendermela allo sportello del garage comunale in Piazzale Roma (che faccio? metto i soldi dei biglietti per andarci? no, va’);

– Tessera fiscale/sanitaria: coda all’Asl, rilascio copia provvisoria, poi arriva a casa. Gratis.

– Bancomat-carta di credito: telefonata per blocco, poi in banca per sostituirlo. Gratis.

Carta fedeltà Trenitalia (sono un frequent railroader): richiesta duplicato via web. Gratis. Dovrebbe arrivare ma non ne ho notizie…

Questo per un tanto a chi di dovere. Nel portafogli metterò un avviso: caro ladro, prenditi tutti i soldi che vuoi, ma abbandona il portafogli in un punto dove me lo possano trovare e restituire, perché le scocciature non finiscono mai.

Patriarca “nonostante”?

Come già avvenne per l’addio di Angelo Scola per Milano, mi sembra che ci siano mugugni sul “trattamento” riservato dai giornalisti, o comunque dagli organi d’informazione, alle dinamiche che hanno portato alla nomina del nuovo patriarca di Venezia, che come noto è mons. Francesco Moraglia.

Un nome che è echeggiato più volte nelle ultime settimane finché è stato dato come certo alla vigilia dell’annuncio ufficiale, dato – secondo una “liturgia” consueta – contemporaneamente a Venezia, in Vaticano e a la Spezia, diocesi di provenienza.

Più volte il settimanale diocesano veneziano aveva stigmatizzatole anticipazioni giornalistiche, arrivando – ai tempi della partenza di Scola – ad attaccare un noto vaticanista reo di aver pubblicato notizie “rivelatesi sostanzialmente vere”, quasi equiparandole a gossip. Il collega aveva fatto notare che “stiamo parlando di decisioni destinate a incidere nella vita della Chiesa, anche a livello internazionale” e che “se i giornali nazionali e locali hanno dimostrato tanto interesse per la questa nomina, e non altrettanto per la designazione del vicario generale di Vittorio Veneto, un motivo c’è”. Pronta correzione di tiro del settimanale, che non accusava i giornalisti ma quelli che avevano “rotto la consegna del silenzio”. Con chiarimento reciproco finale.

La polemica non è certo finita, se in un twit di pochi giorni fa un altro sacerdote veneziano definisce un “caso di studio” quello stesso vaticanista che – buon ultimo dopo tutta una serie di articoli di giornale – scrive del prossimo arrivo di Moraglia. Una definizione che in sé non dice niente di pesante ma che fa trasparire ancora irritazione per questo tipo di notizie. A nomina arrivata, una collega collaboratrice di Scola esprime in un twit la sua emozione per il nuovo Patriarca “nonostante rumors e anticipazioni”. Anche qui, irritazione.

Ora, da credente che cerca di fare il giornalista, mi chiedo quale sia il fastidio verso la categoria. Viviamo nella civiltà (anche se spesso è inciviltà…) dell’informazione, dove le notizie prendono corpo e circolano, ancor di più con il web. Il fatto stesso che tre delle quattro persone che cito in questo post usino Twitter lo dimostra. Vero anche che s’è letto di tutto, e spesso a sproposito: decine di nomi, di questo o quel “candidato”, soprattutto sui giornali locali che sembrano usare come fonti il bar invece che ambienti accreditati. Cosa che non si può certo imputare al vaticanista così attaccato.

E perché l’annuncio del nuovo pastore sarebbe bello “nonostante” la circolazione di notizie? Non è meglio la trasparenza, fatta salva la sincerità e la correttezza delle procedure e delle decisioni? L’attesa è stata comunque emozionante, la preghiera e la speranza forti nei fedeli. E questo posso dirlo per averlo visto di persona. Questo conta, o no? In un’epoca dove siamo tutti connessi, sarebbe come voler rinunciare al microfono in chiesa, o a fare giornali, radio, tv, siti cattolici.

Chissà che ne pensa mons. Moraglia, che è tra l’altro presidente della Fondazione Comunicazione e Cultura.